E-Mobilitidentikit: al volante con… Dino Marcozzi
Sul numero di E-ricarica di gennaio/febbraio la rubrica E-Mobilitidentikit è dedicata a:
Dino Marcozzi, ex segretario generale dell’associazione Motus-E
Km percorsi in elettrico: 13.000 da gennaio 2022
Che veicolo elettrico guida abitualmente e da quanto tempo?
«Guido un’Audi Q4 e-tron 40 da un anno circa. A questo proposito consiglio sempre il noleggio a lungo termine piuttosto che l’acquisto per tutta una serie di vantaggi. Il primo è sicuramente la forte svalutazione di un’auto nuova appena esce dal concessionario (circa il 30%). Poi bisogna abbandonare il concetto di possesso e iniziare a pensare all’auto come a un servizio».
Perché ha scelto questo particolare modello?
«Ho scelto questo modello perché serviva un Suv di taglia media, anche per tempo libero, spazioso e con attenzione ai consumi».
Ha trovato un venditore preparato sull’elettrico?
«Riguardo all’esperienza d’acquisto se ci si reca presso concessionari di grandi dimensioni, allora è probabile trovare personale molto preparato anche sull’elettrico. Presso piccole realtà fuori città il rischio è quello di trovare addetti alla vendita poco informati».
Quanto ha influito sulla scelta del veicolo la velocità di ricarica?
«Molto, in considerazione di frequenti viaggi Roma-Milano e Roma-Sardegna. La situazione delle infrastrutture di ricarica in Italia sui lunghi tratti sta rapidamente cambiando. Oggi le colonnine si iniziano a trovare anche in autostrada ma comunque bisogna mettere in conto un allungamento dei tempi di viaggio. Quando ad esempio mi sposto da Roma a Milano, premesso che la mia auto ricarica a 125 kW in DC, devo preventivare circa 60 minuti in più, perché preferisco fare un paio di soste e ricaricare la macchina quando ha poca autonomia residua, ad esempio il 20%, per sfruttare al massimo la velocità di ricarica. Man mano che la batteria si ricarica la curva di potenza scende fino a circa 25 kW, quindi non ha senso sostare per tempi più prolungati: meglio fare un paio di soste più brevi. Visto che la mia auto ha un’autonomia di circa 400 km, con una sola sosta arrivato a Milano sarei comunque quasi scarico: con questa strategia invece posso continuare a circolare senza dover rifornire nuovamente».
Che cosa l’ha colpita di più nel passaggio all’elettrico?
«Innanzitutto Il totale cambio di paradigma, nel senso che il veicolo viene vissuto in maniera diversa, si viaggia in silenzio anche a velocità sostenuta, cosa che permette di recuperare il rapporto anche con le persone che viaggiano con noi. Una volta provata difficile tornare indietro. C’è un approccio attivo alla vettura: mentre con l’auto endotermica ci limitiamo a fare benzina, qui siamo a bordo di un veicolo dove il modo di guidare influenza in maniera sensibile il suo funzionamento. Il mezzo va capito e vissuto per sfruttarne a pieno le potenzialità e se un utente vive bene questo passaggio difficilmente tornerà all’endotermico, a meno che non si sia fatto un errato acquisto. Prima di acquistare un’elettrica bisogna infattoi capire bene l’utilizzo che ne andremo a fare e dove andremo a ricaricarla. Il ripensamento a volte capita anche a coloro che non riescono a vincere la cosiddetta “ansia” da ricarica, che è un tema sentito soprattuto sugli spostamenti a lungo raggio».
Dove ricarica abitualmente l’auto?
«Quando mi trovo a Roma utilizzo le colonnine pubbliche, mentre presso la mia casa di villeggiatura al mare ho installato una wallbox da 6 kW. Grazie alla sottoscrizione di tariffe flat, ponderando bene quale utilizzare in base all’uso dell’auto, i costi rimangono contenuti anche affidandosi alla ricarica pubblica. Di solito pago tra i 32 e i 35 centesimi di euro al kW».
C’è qualche consiglio o aneddoto su sull’esperienza di ricarica che le piacerebbe condividere?
«Innanzitutto bisogna far comprendere agli utenti che lo stallo delle colonnine dedicato alla ricarica pubblica non è un parcheggio libero. È un malcostume che bisogna trovare il modo di arginare. E non parlo solo delle auto endotermiche: molto spesso gli stalli sono occupati abusivamente da altre elettriche. Riguardo agli aneddoti se ne vedono tante. Uno particolarmente buffo mi è capitato quando tempo fa sono andato a sciare a Ovindoli, una località vicino Roma. Arrivato in prossimità delle piste ho notato la presenza di una colonnina e ho attaccato la vettura per ricaricare. A un certo punto accosta una persona a bordo di una Jeep Compass, scende e tira fuori dal baule il cavo con la presa Schuko. Mi guarda e chiede: “Questo dove posso metterlo?”. Qui mi rifaccio a quanto detto prima. Per vivere bene l’auto elettrica bisogna approcciarla con un ruolo attivo, bisogna capirla per sfruttarne le potenzialità».