Quale futuro per le flotte in elettrico? Parla la neo presidente di Aiaga
Autonomia dei veicoli, capillarità delle infrastrutture in alcune aree del paese e un quadro normativo adeguato: queste sono le principali criticità su cui ancora bisogna lavorare affinché le auto elettriche possano rivelarsi la scelta più adatta per rinnovare la car list aziendale. ne abbiamo parlato con Laura Echino, presidente di A.I.A.G.A
Sì all’elettrico ma affinché i mezzi a zero emissioni diventino un’alternativa concreta per le flotte delle aziende presenti sul nostro territorio serve un ulteriore step tecnologico e normativo. Il tema è complesso e presenta ancora diverse criticità. L’autonomia dei veicoli, ad esempio, è perfetta per rispondere ad aziende che operano in ambito urbano, ma ancora limitata per coloro che gestiscono una rete agenti impegnata in lunghi spostamenti quotidiani dove spesso il tempo di una ricarica, anche ultrafast, può rappresentare un limite. Stazioni di ricarica ancora troppo poco diffuse in alcune delle zone industriali più periferiche e lontane dai centri urbani, oltre a un quadro normativo che, ad esempio, prevede ancora la tassazione delle ricariche effettuate presso il domicilio del dipendente. Laura Echino, dallo scorso aprile nominata presidente di A.I.A.G.A (Associazione Italiana Acquirenti e Gestori di Auto Aziendali) – racconta quali sono le priorità su cui concentrarsi per agevolare l’ingresso dei veicoli elettrici nelle car list dei fleet manager.
Quali sono attualmente le principali criticità legate all’elettrico nella gestione di una flotta aziendale?
«Diciamo che il passaggio all’elettrico oggi è un argomento sul tavolo di tutti i fleet manager e rappresenta una preoccupazione non da poco, visto che non c’è molta chiarezza sugli sviluppi futuri della transizione. Mi riferisco in primis al quadro normativo che regola la tassazione dei veicoli e delle ricariche, ma anche — e soprattutto — a tutta una serie di limiti che ancora influiscono in maniera sensibile sull’utilizzo dei veicoli. C’è ancora un gap importante tra i Bev e i veicoli endotermici, soprattutto in termini di autonomia. È vero che le prestazioni sono interessanti e che ci sono diversi modelli con autonomie vicine ai 400-500 km, ma a livello infrastrutturale la copertura in alcune aree della nostra penisola non è ancora così capillare. E questo per i fleet manager rappresenta una criticità importante».
Quindi l’impiego di veicoli elettrici potrebbe funzionare solo in alcuni contesti…
«Esatto. Se ci limitiamo ad aree urbane, con percorrenze ridotte, l’elettrico è una soluzione ottimale. Se invece, come nel mio caso, ci si sposta percorrendo circa 200 km al giorno, da un centro urbano verso un paesino più isolato dove non sono ancora attive infrastrutture di ricarica, la gestione di un veicolo elettrico risulta decisamente più complessa. Ad esempio, a Torino, nella zona in cui abito, c’è una quantità davvero elevata di punti di ricarica ad accesso pubblico e ho anche la fortuna di avere un box privato dove, volendo, potrei installare una wall box. Ma nel paesino in prossimità di Novara, e all’interno dell’azienda dove mi reco quotidianamente, non ci sono colonnine. Inoltre, spesso mi sposto per lavoro in visita ad altri fornitori o clienti, e capita di trovarsi in aree non coperte da infrastrutture di ricarica. Ho voluto raccontare questa mia esperienza per spiegare come, in alcuni casi d’uso, l’elettrico sia ancora complesso, soprattutto per chi deve gestire una flotta. Un’altra criticità, legata sempre all’autonomia, riguarda molto da vicino le abitudini dei commerciali. Perché è vero che esistono colonnine HPC, ma c’è un’alta percentuale di agenti che si spostano sul territorio e hanno bisogno di vetture sempre pronte, anche in situazioni in cui perfino quei 20-30 minuti di attesa, che sulla carta possono sembrare pochissimi, in realtà possono rendere problematica la gestione di una giornata lavorativa».
A questo link l’intervista completa pubblicata su E-Ricarica di giugno