Ricarica in autostrada: come viaggiare in elettrico senza paura
Uno dei maggiori freni per chi sta ponderando il passaggio all’e-mobility è ancora l’ansia da ricarica, ovvero il timore di “rimanere a secco”, soprattutto nell’affrontare spostamenti a lunga percorrenza. La situazione negli ultimi due anni è cambiata radicalmente: i charging point sulla rete autostradale sono cresciuti del 373% e pianificare viaggi e vacanze, con qualche piccola accortezza, ora è molto più semplice
di Federica Musto
Fino a qualche tempo fa l’infrastruttura di ricarica autostradale era pressoché assente e chi guidava un veicolo elettrico in Italia era costretto a uscire dall’autostrada per effettuare la ricarica e poi rientrarvi per continuare il viaggio. Ma nell’ultimo anno e mezzo le cose sono cambiate. L’infrastruttura pubblica è cresciuta a ritmi prima impensabili (+47,3%) con l’installazione di 13.316 punti di ricarica nei soli ultimi 12 mesi, di cui il 23% Hpc. Ed è aumentata anche quella autostradale (seppur in maniera ancora insufficiente secondo l’ultimo report di Motus-E), grazie a un incremento decisamente considerevole: se nel 2021, infatti, in autostrada risultavano solo 118 punti di ricarica, al 31 marzo 2023 i charging point autostradali erano saliti a 559 (e sono in continua crescita), ovvero con una media di 7,6 punti di ricarica ogni 100 km di rete autostradale, con una potenza che per l’83% è superiore a 150 kW. Ciò significa che l’Italia, fanalino di coda europeo della mobilità elettrica per molti anni, negli ultimi 24 mesi ha visto una forte ripresa, restando indietro nei numeri totali di infrastruttura non tanto per la mancanza di investimenti da parte dei Cpo ma solo perché partita dopo rispetto agli altri Paesi.
Un ritardo che, paradossalmente, le permette oggi di installare lo stato dell’arte per le infrastrutture di ricarica: sulle vie ad alto scorrimento come le autostrade vengono utilizzate colonnine con potenza di ricarica fino a 300-350 kW, garantendo così all’utente elettrico che sta compiendo un lungo viaggio pause brevi, intorno ai 15-20 minuti per un “rabbocco” – una ricarica funzionale al viaggio – dal 20 all’80% della capacità della batteria del veicolo. Inoltre, sempre dalle analisi pubblicate nel report di Motus-E, considerando il numero di veicoli full electric ancora limitato sulle strade el nostro Paese, l’Italia presenta uno dei rapporti tra punti di ricarica ogni 100 Bev circolanti più alto d’Europa: 21,5 punti di ricarica ogni 100 Bev circolanti (2,6 punti di ricarica in DC ogni 100 Bev) contro l’11,5 della Francia e l’8,2 della Germania. Nell’ultimo anno i punti di ricarica in autostrada in Italia sono più che quadruplicati e oltre l’83% di questi ha potenze superiori ai 150 kW. Cosa significa? Le autostrade sono le vie a scorrimento veloce che nel nostro Paese ricoprono circa 7.318 km (dati ART, Autorità per la regolazione dei trasporti) e che, essendo per lo più a proprietà privata e a pedaggio, vengono scelte dagli utenti che necessitano di spostamenti rapidi.
Di conseguenza l’infrastruttura di ricarica al servizio delle reti autostradali dovrà prevedere una potenza sufficiente (tra i 150 e 350 kW) a permettere soste brevi durante il viaggio, il più possibile in linea con le comuni soste di necessità nelle aree di servizio. Purtroppo, nonostante la normativa DAFI (2016) prevedesse che entro il 2020 vi fosse un’infrastruttura autostradale adeguata e la legge di bilancio 2021 chiedesse ai concessionari di installare le colonnine per conto proprio o affidare il servizio a terzi con delle gare, a oggi, non essendo previste conseguenze impattanti per chi non rispetta l’obbligo, i bandi di gara restano ancora tutti ancora da pubblicare.
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