AC-DC: a ogni veicolo la sua potenza di ricarica
L’utilizzo di stazioni in corrente continua oppure in corrente alternata comportano importanti differenze quando si effettua una ricarica, soprattutto in termini di rapidità. Ecco quali sono e perché è importante scegliere quale utilizzare anche tenendo conto delle caratteristiche della propria auto
di Federica Musto
Il momento della ricarica è fondamentale per chi decide di passare al veicolo elettrico ed è dunque necessario conoscere bene le differenze tra le varie tipologie di colonnine, le potenze disponibili e valutare quali possono essere le soluzioni più adatte alle caratteristiche della propria auto. Queste informazioni a volte vengono sottovalutate dai concessionari all’atto della vendita – soprattutto a causa dell’ancora limitata conoscenza del nuovo prodotto e delle specifiche discriminanti – e può capitare che non siano sufficienti per consentire al cliente un utilizzo ottimale fin da subito. Per questo vediamo ora insieme i concetti fondamentali sulla ricarica.
La prima informazione necessaria è che esistono due grandi insiemi di stazioni di ricarica per veicoli elettrici: quelle che permettono una ricarica in corrente alternata (da ora AC) e quelle che invece forniscono una ricarica in corrente continua (DC). La rete elettrica europea è distribuita in corrente alternata e che arriva nelle nostre case in trifase, ossia 380 V distribuiti su tre linee (fasi), oppure in monofase (un’unica fase), fornendo così ai nostri elettrodomestici i canonici 220V. Le batterie delle auto elettriche, tuttavia, come tutte le batterie in uso comprese quelle di smartphone e pc, si ricaricano esclusivamente in corrente continua e dunque hanno bisogno di un trasformatore che converta la corrente dalla AC della nostra rete elettrica nella DC utile in ingresso della batteria. Nel caso dei veicoli elettrici la conversione da AC a DC può avvenire sia a bordo dell’auto tramite il cosiddetto “caricatore di bordo” (OBC, On Board Charger), ossia una sorta di “raddrizzatore” integrato all’interno dei veicoli e utilizzato durante la ricarica presso stazioni in corrente alternata; oppure, per le stazioni fast e super fast in DC, avvenire a livello della stazione stessa.
Le stazioni di ricarica in AC
Quando si parla di “ricarica lenta” si fa riferimento alla ricarica domestica tramite wallbox o a quella pubblica in AC. In questi casi il connettore standard richiesto è il Type2, che in monofase può arrivare a 32A e 230V mentre in trifase riesce a raggiungere i 32A e 400V. La potenza fornita dalla colonnina dipende da un lato dall’allacciamento, per cui a livello domestico, ad esempio, la potenza garantita può arrivare fino a 3 – 4,5 o 6 kW in base al contratto stipulato con il proprio gestore energetico, salvo poi essere ridotto in base alla potenza istantaneamente impiegata da altri dispositivi domestici connessi alla rete.
Quando si parla di potenza in kW disponibili, si intende la quantità di kW di energia teoricamente disponibili ad essere assorbiti da un dispositivo nell’arco di un’ora di tempo. Tramite la wall box, l’auto connessa riceve dunque in mono o trifase la potenza disponibile in corrente alternata e la trasforma in corrente continua utile ad alimentare la batteria grazie al caricatore di bordo. Il caricatore di bordo è nei fatti un inverter capace di “raddrizzare” il flusso in ingresso da alternata a continua portandolo alla tensione richiesta dalla batteria, indicativamente 400V (in alcuni veicoli prestazionali 800 V). Per le colonnine a terra, tra cui le pubbliche in AC che spesso troviamo nei parcheggi e presso i supermercati, si va da invece da una potenza di 7,4 kW, a 11 e fino 22 kW. Ad influire sulla ricarica dell’auto non sarà però solo la potenza di rete disponibilie al netto dell’impiego “altro” da parte di dispositivi terzi, ma anche la potenza del caricatore di bordo – che può andare da 3,7 a 22 kW – e la capacità della batteria. L’assorbimento della potenza disponibile non è infatti lineare durante tutto il periodo di ricarica, ma viene gestito dal BMS della batteria (battery management system) secondo quella che viene definita la “curva di ricarica” e che varia da batteria a batteria e dalle condizioni di temperatura a cui lavora il veicolo . In linea generale, l’assorbimento vedrà un picco nella fase di ricarica dal 20 al 65%, mentre sarà ridotto dal BMS nella fase di carica al di sotto del 20% della batteria e nella fase al di sopra del 70% con l’obiettivo di preservare la vita utile della batteria stessa.
Le stazioni di ricarica in DC
Quando si parla di ricarica “ad alta potenza” si fa invece riferimento alla ricarica in corrente continua per cui il raddrizzatore da AC a DC sarà posto a monte sulla stazione, evitando dunque il coinvolgimento del caricatore di bordo. In questo caso il connettore utile al dialogo tra la stazione di ricarica ed il veicolo sarà lo standard CCS Combo per le auto europee e lo standard CHAdeMO per le asiatiche.
In entrambi i casi la corrente sarà trasformata da AC in DC dall’alimentatore del Charger, che potrà essere interno alla Charging Station – come avviene ad esempio per le stazioni ad alta potenza di Free To X (a questo link maggiori dettagli) – o inserito in un armadio esterno che rifornisce uno o più POD, come avviene per alcuni Supercharger Tesla (a questo link ulteriori informazioni). La corrente continua erogata direttamente dalla stazione ad alta potenza – dunque a partire dai 50 kW per arrivare ai 350 kW di picco raggiunti oggi dalle stazioni di ricarica HPC di Ionity o Enel X – non passa perciò dal caricatore di bordo, ma arriva direttamente alla batteria. Anche in questo caso, la potenza massima erogabile teoricamente dalla stazione può variare in base alla reale disponibilità momentanea della rete – ad esempio qualora due auto caricassero contemporaneamente sui due connettori della stessa colonnina, impegnando dunque la metà della potenza ciascuno (su una stazione da 300 kW, fino a 150 kW di potenza disponibile in parallelo sui due connettori) – ma anche in base alla capacità di assorbimento della batteria del veicolo.
Le variazioni in base al veicolo: 500e, Smart EQ Fortwo e Model 3
Facciamo adesso qualche esempio concreto “a bordo” del veicolo per capire meglio quali siano le differenze all’atto pratico della ricarica. Prendiamo come tester tre dei veicoli più venduti in Italia: la Fiat 500e, la Smart EQ Fortwo e Tesla Model 3, rispettivamente al primo, secondo e quinto posto nella top list di vendita 2021 di auto elettriche in Italia.
La Fiat 500e può ricaricare sia in AC che in DC, con una potenza di assorbimento rispettivamente fino a 22 kW in AC e 85 kW in DC con una batteria da 37,3 kWh. Ciò significa che, connessa alla wallbox di casa con una potenza disponibile di 2,3 kW – come avviene nella maggior parte delle abitazioni italiane con contatore domestico da 3 kW – e considerando che l’autonomia del veicolo si attesta sui 240 km reali, la 500e sarà in grado di caricare in media circa 11 km ogni ora, mentre in ricarica presso una colonnina AC da 22 kW l’auto potrà guadagnare circa 55 km ogni ora. Connessa in DC ad una HPC, nonostante la potenza della stazione possa magari raggiungere di per sè i 300-350 kW, la 500e potrà assorbire una potenza massima di 85 kW guadagnando circa 220 km in 30 minuti.
La Smart EQ Fortwo 2020 può ricaricare esclusivamente in AC e dispone di un OBS da 22 kW (opzionale, dì serie 4,6 kW). Ciò significa che, con una batteria da 17,6 kWh e un OBC da 22 kW la ricarica ad una colonnina pubblica con potenza erogabile fino a 22 kW permetterà alla Smart EQ di guadagnare circa 127 km ogni ora.
Tesla Model 3 ha una batteria da 75 kWh con un caricatore di bordo in AC che raggiunge gli 11 kW, dunque anche in carica ad una colonnina pubblica AC capace di erogare fino a 22 kW potrà assorbire fino ad un massimo di 11 kW ogni ora; in DC, invece, riesce ad assorbire una potenza fino a 250 kW.