Affidabilità, customer experience, costi: I Cpo a un punto di svolta
Tra innovazioni tecnologiche, consolidamento del settore e interazioni con gli Emsp, la priorità rimane quella di offrire un servizio semplice e sicuro per l’utente finale. Alcuni tra I principali Charging Point Operator presenti in Italia si confrontano sulle complessità della gestione delle stazioni, sulle criticità che ancora frenano lo sviluppo della rete e sugli strumenti che potrebbero contribuire ad aumentare il traffico presso le infrastrutture

Da sinistra: Antonio Allocati (redazione E-Ricarica), Matteo Bonassi (redazione E-Ricarica), Davide Bartesaghi (direttore responsabile di E-Ricarica), Massimiliano Montana Lampo (Chief commercial officer di IPlanet), Gabriele Tuccillo (Ceo di Atlante Italia), Eugenio Sapora (General manager di Electra), Lorenzo Bonvini (Responsabile commerciale E-Ricarica), Roberto Colicchio (Head of business development di Plenitude On The Road), Gionata Aldeghi (Manager Renewables & Energy Efficiency Division di Hunters Group), Elena Airoldi (Country Manager di Ionity), Daniela Biscarini (Ceo di Ewiva) e Giovanni Calò Network Development Manager di Electrip Italia
I Cpo, tra gli attori principali della filiera della ricarica, affrontano oggi sfide che vanno dalla gestione delle tariffe, spesso complicata dalla presenza degli Emsp, alla scelta delle location più efficaci per gli hub di ricarica e all’adozione di sistemi di storage, il cui pieno potenziale resta ancora inespresso. Allo stesso tempo, la customer experience si conferma un fattore critico: garantire colonnine affidabili, semplici da usare e integrate con sistemi di pagamento moderni rappresenta il primo passo verso un’adozione più ampia dell’elettrico. Il dibattito sulla velocità di ricarica e l’integrazione tra auto elettrica e stazione evidenzia come innovazione tecnologica e strategia di rete debbano procedere in parallelo, senza trascurare l’educazione del cliente e la semplificazione dell’esperienza d’uso. Sullo sfondo, le scadenze europee sul divieto di vendita di auto endotermiche al 2035 hanno accelerato investimenti e consapevolezza, ma il mercato italiano rimane ancora in fase early stage, con necessità di consolidamento e integrazione tra operatori. A discutere di questi temi nella nostra tavola rotonda tenutasi lo scorso 23 settembre sono intervenuti Elena Airoldi, Country Manager di Ionity; Daniela Biscarini, Ceo di Ewiva; Andrea Casartelli, Country manager di Electrip; Roberto Colicchio, Head of business development di Plenitude On The Road; Massimiliano Montana Lampo, Chief commercial officer di IPlanet; Eugenio Sapora, General manager di Electra e Gabriele Tuccillo, Ceo di Atlante Italia, condividendo esperienze, criticità attuali e visioni sul futuro di questo business.
Qual è stato, finora, il reale impatto dei bandi PNRR e delle misure pubbliche di sostegno: cosa non ha funzionato e perché non è stato possibile sfruttare tutti i contributi messi a disposizione?
Andrea Casartelli, Country Manager di Electrip Italia: «Per Electrip il PNRR ha avuto un impatto limitato, vista la recente entrata nel mercato italiano, mentre in altri settori gli incentivi hanno avuto un ruolo decisivo. Il principale punto critico riguarda il tempo che solitamente intercorre tra l’annuncio di un incentivo e la sua reale applicazione: questo intervallo spesso rallenta, se non addirittura blocca gli investimenti, perché fondi e operatori vogliono comprendere come gli aiuti influiranno sul business prima di prendere decisioni. Oggi il mercato si sviluppa principalmente su tre assi — infrastrutture, capacità delle batterie e numero di utenti — e l’efficacia degli investimenti dipende dalla rapidità con cui possono essere fruiti. Per avere impatto, gli incentivi devono essere disponibili nei tempi giusti, con coperture finanziarie certe e modalità operative chiare, altrimenti rischiano di produrre effetti contrari alle aspettative e rallentare lo sviluppo del settore».
Eugenio Sapora, General Manager di Electra: «Il PNRR ha avuto un impatto limitato, principalmente a causa della complessità dei bandi e delle tempistiche stringenti. Le prime call hanno scoraggiato molti partecipanti, mentre i bandi successivi hanno corretto alcune incongruenze, migliorando la situazione. Electra è risultata tra i principali beneficiari per le infrastrutture extraurbane, ma l’effettivo ottenimento dei fondi dipenderà dalle scadenze ministeriali: rispettando la deadline del 31 dicembre, si potrà incassare solo una parte, mentre eventuali modifiche europee potrebbero permettere di ricevere oltre metà dei 12 milioni stanziati. In definitiva, il contributo del PNRR resta modesto rispetto alle attese, con un impatto reale stimato attorno ai 20 milioni».
Riguardo alle lungaggini burocratiche che ancora impattano sulle attivazioni e che sono state una delle principali criticità riguardo alla messa a terra dei fondi legati al PNRR, è possibile trovare soluzioni concrete per velocizzare lo sviluppo delle infrastrutture?
Daniela Biscarini, Ceo di Ewiva: «Il PNRR si è rivelato molto complesso da gestire per i Cpo, non solo per le scadenze e le regole iniziali, ma anche per le difficoltà nel reperire i siti e i relativi processi di attivazione dei Dso. Tra l’assegnazione dei fondi e la reale attivazione delle stazioni passano spesso intervalli di tempo lunghi, che rendono incerta qualsiasi pianificazione. Questo crea una situazione in cui il Cpo aderisce a un bando sperando in eventuali proroghe o modifiche delle regole per poter realmente beneficiare dei fondi. Nel caso specifico, le regole dei piani erano poco realistiche da mettere a terra, richiedendo sfide anche commerciali complesse. La nostra esperienza ci ha portato a utilizzare maggiormente i bandi europei, ritenuti più gestibili, ma il tema centrale restano i tempi di attivazione, ancora spesso molto lunghi».
Questa è una situazione solo italiana oppure anche negli altri Paesi dell’Europa si incontrano le stesse criticità?
Gabriele Tuccillo, Ceo di Atlante Italia: «A livello europeo, tra Spagna, Francia, Italia e Portogallo, Atlante è stato uno dei primi operatori per fondi aggiudicati allo sviluppo della rete di ricarica, con circa 90 milioni di euro. In Italia, invece, il PNRR ci ha portato meno di 1 milione, cifra che potrebbe ridursi drasticamente in assenza di proroghe. Questo evidenzia chiaramente quanto il contesto italiano sia più complicato. Il regolamento europeo, pur con margini di miglioramento, è chiaro e applicabile. Il PNRR italiano, al contrario, è caratterizzato da criteri troppo restrittivi e scadenze difficili da rispettare. A mio avviso uno dei problemi principali è l’assenza di un confronto strutturato tra istituzioni e operatori del settore. Il primo bando era praticamente inutilizzabile nelle aree extraurbane e troppo rigido in quelle urbane. I correttivi successivi hanno migliorato solo parzialmente la situazione. Finché non ci sarà un dialogo concreto tra pubblica amministrazione e imprese, questi fondi non potranno realmente supportare lo sviluppo del settore. Sarebbe stato sufficiente replicare il modello CEF, evitando di rendere la messa a terra dei fondi inutilmente complessa».
Elena Airoldi, Country Manager Ionity per l’Italia: «Ionity è una realtà particolare: abbiamo deciso di entrare nel mercato europeo operando contemporaneamente in 24 Paesi, con una strategia centralizzata che ci permettesse di ottimizzare le risorse e gestire in modo efficiente le operazioni legate ai bandi. Per questo motivo in Italia non abbiamo partecipato al PNRR, che ci è parso fin dall’inizio molto complicato. Abbiamo preferito sfruttare le opportunità dei bandi europei, più chiari e immediati. Ad esempio, in Spagna abbiamo partecipato con successo al bando Moves, che copre il 40% del Capex investito, mentre per gli altri Paesi ci siamo affidati al CEF. La nostra scelta dimostra che, quando i bandi sono strutturati e trasparenti, è possibile portare avanti progetti in tempi ragionevoli».
Ritenete sia stata una scelta corretta quella di spostare gli incentivi verso le immatricolazioni?
Roberto Colicchio, Head of Business Development di Plenitude On The Road: «È sicuramente stata una scelta corretta. La situazione relativa alle attivazioni è migliorata rispetto al passato. I bandi finora assegnati hanno aumentato il numero di stazioni di ricarica in alta potenza sul territorio italiano. Alcuni aspetti del primo bando sono stati parzialmente superati nel secondo e nel terzo bando – piuttosto stringenti in merito a date di installazione, numero di colonnine in ambiti geografici ristretti e ad altri criteri qualificanti. Siamo in attesa di capire alcuni aspetti realizzativi legati ai DSO (Distribution System Operator – Gestori di rete), come la connessione: ci aspettiamo progetti compatibili con le capacità della rete, che garantiscano sicurezza ed equilibrio tra i vari operatori. Tutto questo aiuta e contribuisce alle immatricolazioni».
Massimiliano Montana Lampo, Chief Commercial Officer di IPlanet: «Concordo pienamente con quanto è stato detto in precedenza. Anche noi ci siamo concentrati principalmente sui bandi europei, partecipando al PNRR solo su pochi lotti, vista la complessità. Il nodo principale resta la lentezza dei processi autorizzativi: già oggi, con una domanda limitata, incontriamo difficoltà. Quando la richiesta crescerà rapidamente, se l’infrastruttura non si svilupperà di pari passo, i problemi saranno enormi. Non è accettabile che una stazione di ricarica venga allacciata dopo uno o due anni».
A questo LINK l’articolo completo pubblicato su E-Ricarica di novembre




